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Mineo, residence o campo di deportazione?

Mineo, residence o campo di deportazione?

Sul “villaggio dell’accoglienza” il Presidente della Regione Lombardo si scontra con Maroni e si chiede se dovrà armarsi di un mitra

Adesso il ministro Maroni parla del rischio di “diecimila arrivi a settimana” e prospetta una nuova emergenza, ripescando il consueto repertorio dalle informazioni raccolte dai servizi che darebbero per certa la r icostituzione in Tunisia delle stesse reti criminali che in passato utilizzavano la Libia per fare arrivare migranti a Lampedusa. Un modesto sforzo di informazione gli permetterebbe forse di usare toni meno allarmistici, come chiede da settimane l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Basterebbe parlare con i pochi volontari italiani che sono stati in queste settimane sulle coste tunisine, per evitare di allarmare l’opinione pubblica, ma creare allarmismi è proprio il gioco elettorale, perseguito da anni della Lega, come ha candidamente ammesso Bossi, quando ha detto che il suo partito, da questa nuova emergenza immigrazione, ci guadagna certamente. Mentre i tunisini hanno accolto in pochi giorni, con i loro mezzi, 150.000 persone in fuga dalla Libia, l’Italia di Maroni, Frattini e Berlusconi ha dichiarato lo stato di emergenza di fronte all’arrivo di seimila migranti in due mesi, quasi tutti tunisini, per il trenta per cento richiedenti protezione internazionale, ed adesso sta distruggendo quel poco che rimaneva del sistema nazionale di accoglienza, i CARA, centri per richiedenti asilo, con l’intenzione evidente di trasformare queste strutture in centri chiusi, da affiancare ai CIE, concentrando i richiedenti asilo in due o tre megastrutture come Crotone, Bari o fra breve tempo, Mineo in provincia di Catania. Ma questa volta a spararla più grossa è il Presidente della Regione Sicilia Lombardo che, nella veemenza di opporsi a Maroni sulla ipotesi sempre più concreta di un megacentro di accoglienza a Mineo (a porte chiuse o aperte non è dato comprendere, ma in regime di protezione civile è tutto possibile), non manca di raggiungere toni parossistici che una informazione compiacente amplifica a tutto vantaggio delle componenti più becere e xenofobe della popolazione.
Apprendiamo così con vera costernazione, pensando che Lombardo presiede in Sicilia una giunta sostenuta anche dal Partito democratico, che il Presidente della Regione, che si oppone alla creazione del centro di Mineo, afferma che ” da quelle parti ho una campagna di proprietà di mio padre per la verità”, e si chiede “se non devo stare con il mitra in mano, ma mitra non ne ho”, perchè ” con la scusa degli sbarchi si stanno portando da dieci centri diversi 2000 persone richiedenti asilo”. Secondo Lombardo ” sono afghani piuttosto che iracheni, palestinesi che si sentiranno magari perseguitati dagli ebrei, qualcuno magari appartenente ad Hamas, che saranno liberi di circolare nelle nostre campagne”. “Mi auguro- continua Lombardo- ” che il governo segua momento per momento queste 2000 persone, credo che sia impossibile, e che tuteli la nostra agricoltura”. Forse il Presidente Lombardo, prima di esprimere queste posizioni, avrebbe fatto bene a farsi documentare da uno dei suoi consulenti in materia di immigrazione, gente certo assai qualificata, come dimostra il “successo” dei numerosi progetti di accoglienza ed integrazione fin qui portati avanti in Sicilia solo sulla carta. E la Sicilia rimane l’unica regione italiana priva di una vera legge regionale organica sull’immigrazione. Tanto alla fine i soldi vanno a finire sempre al posto giusto, secondo le indicazioni dell’assessore di turno.
Maroni ha rassicurato i sindaci della zona, guarda caso meno quelli dei comuni più direttamente interessati, come Mineo, con l’ennesimo “Patto per la sicurezza”, quindi con il luccichio di qualche milione di euro, e con la promessa della installazione delle videocamere di sorveglianza, come si è fatto nelle città del nord governate dalla Lega. Una strategia che non convince neppure Lombardo, così come è facile prevedere che tutti coloro che saranno deportati a Mineo, dopo essersi integrati in altre città, cercheranno alla prima occasione di fuggire. E forse questo è il vero scopo di tutta l’operazione imbastita dal governo, per scaricare sulle regioni più deboli il peso dell’assistenza ai richiedenti asilo o ai titolari di protezione internazionale già accolti in altre regioni, anche a costo di disperderli del tutto o di costringerli a quelle aberranti condizioni di vita che abbiamo constatato nelle campagne di Rosarno o a Castelvolturno, in Sicilia ed in Puglia, così come nelle fabbriche abbandonate di alcune regioni settentrionali e da ultimo nella ex Ambasciata somala a Roma.
Questa volta però il linguaggio colorito del Presidente Lombardo, che certamente non sta pensando ad acquistare un mitra, cosa che peraltro non sarebbe troppo difficile nella sua città natale, Catania, e nelle zone limitrofe, ancora oggi dominate da gruppi mafiosi che si contendono il potere a colpi di mitra, come Lombardo dovrebbe ben sapere, ha forse superato il limite della decenza. La vicenda di Mineo è già abbastanza torbida, per gli intrecci tra interessi privati e finalità pubbliche, per inquinarla con queste battute ad effetto che possono avere come unico risultato un ulteriore aumento dell’avversione della popolazione locale nei confronti degli immigrati in generale, e in particolare di coloro che sono in fuga dal proprio paese, persone che in qualunque parte del mondo verrebbero accolte con spirito di solidarietà, e con un piano organico di interventi di assistenza, come impongono anche le Convenzioni internazionali e le Direttive comunitarie che sono vincolanti anche in Italia, ed in Sicilia, se qualcuno lo dimentica. Come ha ricordato l’ASGI, in un suo recente documento, la decisione del Ministero dell’interno di trasferire a Mineo 2000 richiedenti asilo, già presenti in altri centri di accoglienza in Italia, stravolge il sistema nazionale per l’accoglienza e si pone in contrasto con le Direttive comunitarie e con le norme di attuazione che ne sono derivate, soprattutto per quanto riguarda la competenza delle commissioni territoriali e la tutela di coloro che hanno presentato o vorranno presentare ricorso contro una decisione negativa.
Di fronte ad un prevedibile aumento del numero di persone in fuga dai paesi del Nord-Africa, con il rischio di vere emergenze che potrebbero ancora verificarsi, soprattutto se Gheddafi, fino a ieri amico di Berlusconi, dovesse utilizzare i migranti per ulteriori ricatti nei confronti dell’Italia e dell’Europa, occorre che l’Italia si doti di un sistema nazionale di accoglienza che raddoppi almeno l’attuale capacità recettiva, con strutture medio-piccole, distribuite su tutto il territorio nazionale, con progetti di integrazione e di mobilità successiva, che non creino situazioni congestionate che si potrebbero facilmente tradurre in autentici ghetti. Solo a queste condizioni potranno trovare risposta gli appelli alla solidarietà europea che vengono regolarmente rispediti al mittente proprio perché l’Italia è del tutto inadempiente sul terreno dell’accoglienza ai richiedenti protezione internazionale. Ma dubitiamo che gli attuali governanti, come oggi dimostrano le scelte e le “sparate” di Maroni e Lombardo, riescano ad occuparsi di immigrazione senza considerare esclusivamente il vantaggio della propria parte politica, favorendo populismo e xenofobia che finiranno per distruggere, oltre alle prospettive di futuro dei migranti, quel poco che rimane della coesione sociale di un paese.
Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo