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Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato”
No Mafia Memorial

Giovanni Burgio – Umberto Santino

PIO LA TORRE: UNA VITA CONTRO LA MAFIA

 

I PRIMI ANNI DI ATTIVITA’

Pio La Torre nasce il 24 dicembre del 1927 ad Altarello di Baida – Mezzomonreale, nella campagna che circonda Palermo. È il quarto di cinque figli. Il padre, Filippo,  proprietario di un piccolissimo agrumeto, fa il bracciante per metà dell’anno. Un contesto di grande povertà in cui la madre, Angela Melucci, ha un ruolo determinante. Figlia di un pastore di Muro Lucano, in provincia di Potenza, da ragazza ha avuto un figlio da un signorotto del paese;  il bambino è stato allevato da una famiglia nobiliare ed è diventato magistrato. Poi Angela ha conosciuto Filippo, che faceva il servizio militare da quelle parti, e si sono sposati. E quel fratellastro è come un esempio da seguire. Angela spinge i figli a studiare per sottrarsi a un destino che altrimenti sarebbe segnato

Pio frequenta la scuola di  “Avviamento professionale”, una scuola per chi vuole imparare un mestiere, poi s’iscrive all’Istituto Tecnico Industriale. Ottiene la maturità tecnica e in soli tre mesi consegue anche la maturità scientifica. Questo diploma gli permette di accedere all’Università, si iscrive a Ingegneria, ma dopo un anno va a Matematica. Abbandona gli studi universitari poco dopo, dedicandosi completamente all’attività politica. Dieci anni più tardi, quando è già Consigliere comunale a Palermo e Segretario della Camera del lavoro, s’iscrive di nuovo all’Università, nella Facoltà di Scienze Politiche e si laurea nel 1961 con 110 e lode.

In uno scritto autobiografico del 1954 descrive le condizioni di vita nell’ambiente che lo circonda, costituito da braccianti, contadini poveri, operai[1]. Questa consapevolezza lo porterà, nell’ottobre del 1945, ad aderire al Partito comunista

Vedendo che non esiste fra i quindicimila braccianti della Conca d’oro una struttura unitaria, nel gennaio del 1947 prende contatto con la CGIL-Confederterra di Palermo, intraprende l’attività- politico-sindacale e dal primo febbraio del 1947 fa parte degli organi direttivi della CGIL-Federbraccianti. In estate diventa responsabile della Commissione regionale giovanile del Partito comunista.

Per queste prime attività politico-sindacali condotte nelle borgate palermitane subisce un attacco da parte della mafia: un attentato alla casa del padre lo costringe ad allontanarsi dalla famiglia.

Successivamente La Torre fa parte della Segreteria del Partito comunista e nel 1949 assume la responsabilità dell’Ufficio di organizzazione.

 

LE OCCUPAZIONI DELLE TERRE E LA VIOLENZA MAFIOSA

Nell’ottobre 1949 si sposa con la militante comunista Giuseppina Zacco. Durante il viaggio di nozze Pancrazio De Pasquale, Segretario del PCI palermitano, con un telegramma li invita a rientrare. L’eccidio di Melissa in Calabria del 29 ottobre (un reparto della Celere, un corpo di polizia istituito dal ministro Mario Scelba, spara sui contadini che occupavano le terre: tre morti, tra cui una donna, Angelina Mauro e 15 feriti) ha indotto la Federazione di Palermo a riprendere le lotte contadine con l’occupazione delle terre.

Il movimento contadino, iniziato nel 1944 e poi proseguito nel ’45 e ’46, si scontra con i latifondisti siciliani e i gabelloti, affittuari dei feudi, mafiosi che non vogliono  applicare i “decreti Gullo”, dal nome del ministro dell’Agricoltura, il comunista Fausto Gullo, che assegnavano le terre incolte e mal coltivate alle cooperative contadine e disponevano che i coltivatori avessero il 60 per cento dei prodotti. La mafia per arrestare quel movimento, che ben presto raggiunge dimensione di massa,  ricorre all’uso della violenza. Nel decennio delle lotte contadine, dal 1944 al 1955, sono stati uccisi 39 sindacalisti e militanti del movimento contadino e il picco della violenza si raggiunge il primo maggio del 1947 con la strage di Portella della Ginestra, eseguita dai banditi della banda Giuliano, possibilmente con altri, e voluta dalla mafia e dai partiti conservatori. È la risposta sanguinosa alla vittoria del Blocco del Popolo, in cui erano riuniti il Partito socialista e il Partito comunista, alle prime elezioni regionali del 20 aprile 1947. Nel mese di maggio crolla la coalizione antifascista, formata dalla Democrazia cristiana, dal Partito socialista, dal Partito comunista e dal Partito d’azione,  al governo nazionale, e la Democrazia cristiana si allea con i partiti conservatori che furono indicati come mandanti della strage. Comincia  così  il mezzo secolo di potere democristiano. La decisione è il frutto della convergenza di interessi locali, nazionali e internazionali, tenuto conto della posizione del’Italia come frontiera tra due mondi, metà sotto il dominio degli Stati Uniti, l’altra sotto quello sovietico.

Nell’autunno del 1949 i dirigenti delle lotte contadine decidono di riprendere la lotta per la riforma agraria e con un’iniziativa inedita: la coltivazione  delle terre abbandonate, con la semina del grano: la prima forma di sciopero alla rovescia.

Dall’ottobre 1949 al marzo 1950 tutte le energie del Partito Comunista sono impegnate nelle lotte contadine con l’occupazione delle terre. Nel corso di una di queste occupazioni, il 10 marzo 1950 Pio La Torre viene arrestato a Bisacquino, assieme ad altri 160 manifestanti. Rimarrà in carcere sino all’agosto del 1951. Non gli sarà permesso di vedere la madre morente e il primogenito, Filippo, gli sarà mostrato da una guardia carceraria, poiché alla moglie è proibito visitarlo.

 

PIO LA TORRE SINDACALISTA

Uscito dal carcere, Pio La Torre assume la responsabilità del lavoro di massa nella segreteria della Federazione del Partito Comunista di Palermo. Un anno dopo, nel marzo del ’52, diventa Segretario della Camera del lavoro di Palermo.

La Torre rimarrà Segretario della Camera del lavoro di Palermo ininterrottamente dal 1952 al 1958. Continuerà poi l’esperienza sindacale ricoprendo la carica di Segretario regionale della CGIL dal 1959 al 1962. Nello stesso periodo, dal ’52 al ’66, è anche Consigliere comunale del PCI a Palermo e, dal 1964 al 1968, a Monreale.

L’attività sindacale di Pio La Torre durante gli anni Cinquanta e Sessanta si sviluppa  in un contesto in mutamento. Al Nord c’è il “boom economico”, con la crescita dell’industria e dell’edilizia che offrono  centinaia di migliaia di posti di lavoro.  E i lavoratori in gran parte provengono dal Sud, conclusosi con una sostanziale sconfitta l’ultimo ciclo delle lotte contadine. Palermo, con lo sviluppo del ceto impiegatizio che viene a stabilirsi in città, diventa una metropoli. Buna parte della popolazione vive in condizioni precarie, tra povertà e sopravvivenza.

L’impegno sindacale, ma anche in Consiglio comunale, di Pio La Torre si concentra particolarmente in alcuni settori, dove maggiore è lo sfruttamento e grandi sono i problemi e le diseguaglianze. A Palermo il settore metalmeccanico occupa alcune migliaia di operai. Il Cantiere Navale, l’Aeronautica Sicula e l’OMSA che lavora nel settore ferroviario, sono le più importanti fabbriche della città. Ed è il Cantiere Navale a guidare molte delle lotte politico-sindacali di quegli anni.

La città ha poi un problema che assume connotazioni drammatiche: la casa. Oltre agli enormi danni provocati dai bombardamenti, si deve fare fronte al degrado e all’abbandono del vecchio centro storico. Condizioni abitative disastrose, bisogno di case e speculazione edilizia sono gli aspetti che si legano indissolubilmente fra loro e generano il cosiddetto “sacco di Palermo”.

Con questa espressione si indica il fenomeno  della speculazione edilizia che sconvolge l’assetto urbanistico della città: invece di ricostruire e risanare i vecchi mandamenti, si preferisce edificare nuovi quartieri e nuovi agglomerati di palazzi verso le zone a nord-ovest e sud-est della città. Gli agrumeti che costituiscono la Conca d’oro vengono distrutti per far posto a enormi edifici costruiti a pochi metri l’uno dall’altro. Sono rase al suolo eleganti palazzine liberty e devastate ville aristocratiche con i parchi circostanti. Protagonisti del “sacco” sono aristocratici decaduti, proprietari terrieri, grandi società immobiliari, costruttori improvvisati legati ai gruppi mafiosi, con la complicità degli organi tecnici del Comune. 

Gran parte della speculazione avviene attraverso l’edilizia pubblica. L’Istituto Autonomo Case Popolari costruisce case popolari lontano dal centro della città, in zone ancora agricole. Questi complessi di edilizia pubblica, che danno vita a villaggi-dormitorio, con le opere di urbanizzazione primarie: fogne, acquedotti, corrente elettrica, strade, a carico del Comune, determinano la lievitazione delle rendite dei terreni interposti fra Palermo e la campagna circostante, che vengono occupati dall’edilizia privata. Colate di cemento, con piani regolari che restano sulla carta. Un ottimo affare per la “borghesia mafiosa”, che può contare su facilitazioni creditizie e sui rapporti sempre più stretti con amministratori e politici, con al centro la Democrazia cristiana, che s’identificherà con il potere per circa mezzo secolo.

Una particolare ingiustizia sociale impegna l’attività sindacale di Pio La Torre in questo periodo: la sperequazione salariale tra Nord e Sud d’Italia, le cosiddette gabbie salariali.

Subito dopo la guerra erano stati sottoscritti tra sindacati e imprenditori degli accordi in base ai quali la retribuzione dei lavoratori veniva determinata dalla città e dalla provincia di appartenenza. In Sicilia, inoltre, c’era il cosiddetto “temperamento salariale”. Visto che vi erano particolari difficoltà ambientali nell’esercitare le attività produttive, quali il costo dell’energia elettrica, dei carburanti e delle materie prime, e una sfavorevole localizzazione dell’industria esportatrice, i lavoratori dovevano essere pagati meno per far diminuire i costi di produzione.

Altri “temperamenti”, cioè ulteriori diminuzioni di salario, sussistevano  per le donne, i minori e particolari categorie di lavoratori come i manovali. Se a questo si aggiunge che in sede provinciale i salari previsti dai contratti nazionali venivano ulteriormente ridotti, il risultato era che un lavoratore del Sud percepiva un salario del 50% in meno di un lavoratore del Nord.

Pio La Torre si batte e lotta per abolire queste differenze retributive legate all’area geografica. Una lotta che vede anche atti repressivi da parte delle forze dell’ordine che, il 2 dicembre del 1968 ad Avola, in provincia di Ragusa, sparano sui manifestanti. Ci sono due morti. Solo dopo questo eccidio le gabbie salariali saranno abolite.

LA LOTTA CONTRO LA MAFIA AL CANTERE NAVALE

La mafia negli anni Sessanta e Settanta è legata alla speculazione edilizia con la presenza mafiosa nei cantieri edili, ma è dentro il mercato ittico e ortofrutticolo e avvia il traffico internazionale di sigarette e di droga. Ma è al Cantiere Navale che Pio La Torre la combatte aspramente.

La mafia si introduce  al Cantiere Navale attraverso la gestione delle “Ditte”. I boss dell’Acquasanta, Arenella, Vergine Maria, controllano le ditte subappaltatrici di mano d’opera che, quando una nave entra nel porto per essere riparata, forniscono subito i lavoratori necessari, non potendo gli operai in organico del Cantiere coprire tutto il carico di lavoro. E il subappalto è una forma di sfruttamento e di dipendenza dalla mafia.

In città, l’altra presenza mafiosa che impegna Pio La Torre è all’ELSI, l’Elettronica Sicula. Il vecchio patriarca della borgata di Villagrazia, don Paolino Bontate, oltre a sorvegliare l’attività della fabbrica, monopolizza il reclutamento degli operai e impedisce la presenza del sindacato.

SEGRETARIO REGIONALE DEL PCI

Dal 1962 al 1967 Pio La Torre diventa Segretario regionale del Partito comunista. Nel 1963 viene eletto all’Assemblea regionale, dove resta per due legislature.

È il momento del centro-sinistra, formula politica che per la prima volta nella storia d’Italia porta organicamente e stabilmente una parte della sinistra storica, i socialisti, dentro le stanze del potere.

Il primo governo di centro-sinistra siciliano, sorto nel settembre del 1961, precede di oltre due anni la formazione del corrispondente governo in campo nazionale, a conferma che ancora una volta la Sicilia, oltre a fare da laboratorio politico nazionale, anticipa gli sviluppi della vita politica italiana.

La programmazione economica, la pubblicizzazione dei settori chimico, energetico e minerario, l’industrializzazione, la terziarizzazione dell’economia isolana, assieme alla fine della “caccia al rosso” e alla caduta del principio d’esclusione del mondo operaio e contadino dalle più importanti decisioni economiche e politiche, sono in Sicilia, come d’altronde nel resto d’Italia, le linee essenziali del programma innovativo dei governi di centro-sinistra.

A sinistra, il Partito Comunista e il Partito Socialista vivono con grande travaglio il cambio delle alleanze. Il legame fra i due partiti si spezza e al loro interno si sviluppano accesi confronti, aspri dissensi. Pio La Torre, per sua natura e formazione sindacale, è molto “possibilista” e conciliante verso questa formula di governo. Non si arrocca all’opposizione ed è pronto all’apertura. E mantiene aperto un dialogo con i socialisti. D’altronde, essendo Segretario regionale del partito, deve assumere una posizione mediana, di centro. Alle elezioni regionali del 1967 il Pci perde voti e la responsabilità della sconfitta (in realtà il Partito aveva perso soltanto due punti rispetto alle elezioni del 1963, quando aveva toccato il punto più alto) viene addebitata al segretario regionale, che viene sottoposto a una sorta di processo politico e si vede costretto a dimettersi. Per “spirito di partito”, La Torre accetta la decisione, ma non è per niente d’accordo. Nel 1971 ha una grave malattia.. Lascerà la Sicilia dove farà ritorno come segretario regionale del Partito nel 1981.

A ROMA. LA COMMISSIONE ANTIMAFIA

Nel 1969 si trasferisce a Roma.  Diventa vice responsabile nazionale della Sezione Agraria e poi responsabile della Sezione Meridionale.

Nel 1972 viene eletto al Parlamento, dove rimane per tre legislature. Fa parte della Commissione Bilancio e Programmazione, Agricoltura e Foreste, Interventi ordinari e straordinari nel Mezzogiorno.

Appena diventa parlamentare nazionale, nel ’72, entra a far parte della Commissione Antimafia. Quando nel 1976 la Commissione pubblica il rapporto finale, Pio La Torre, assieme al magistrato Cesare Terranova, che nel settembre del 1979 sarà ucciso dalla mafia, firma la relazione di minoranza e lavora per definire  la proposta di legge che per introduce nel codice penale il reato di associazione mafiosa e dispone la confisca dei beni dei mafiosi, insieme a quegli strumenti d’indagine e contrasto, che si concretizzeranno, su iniziativa di Giovanni Falcone, anni dopo, nella Procura Nazionale Antimafia e nella Direzione Nazionale Antimafia. La proposta diventerà legge, con l’introduzione dell’art. 416 bis, il 13 settembre del 1982, dieci giorni dopo  l’assassinio del generale prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa.

IL RITORNO IN SICILIA E L’OMICIDIO

Nel pieno della seconda guerra di mafia (1981-83)  che semina nelle strade palermitane centinaia di morti, e dopo gli omicidi di Michele Reina, Boris Giuliano, Cesare Terranova, Piersanti Mattarella, Gaetano Costa, Pio La Torre nel 1981 decide di tornare in Sicilia e assumere la carica di Segretario regionale del Partito Comunista.

Nel pieno dello scontro tra Stati Uniti e Unione Sovietica, dopo la decisione di installare a Comiso, in provincia di Ragusa, missili a testata nucleare, in Sicilia è in corso una grande mobilitazione popolare. Pio La Torre, da organizzatore e uomo d’azione qual’è, ha un ruolo centrale nell’animare e rafforzare il movimento contro la militarizzazione dell’isola e per la pace. Egli intravede nella costruzione della base missilistica di Comiso un terreno fertile per il proliferare degli affari dei boss, lo sviluppo dei poteri occulti, l’occasione di un’alleanza fra forze reazionarie, contrarie alla libertà e alla democrazia.

La mattina del 30 aprile 1982, alle 9.30, Pio La Torre scende da casa. Lo aspetta su una Fiat 131 il compagno di partito Rosario Di Salvo, che lo deve condurre alla sede regionale del Partito comunista. Percorse poche centinaia di metri, la macchina viene bloccata da una Fiat Ritmo, dalla quale scendono due individui che cominciano a sparare. Nel frattempo giunge una moto Honda con altre due persone: anch’esse fanno fuoco su Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Quest’ultimo riesce a sparare cinque colpi, ma nessuno raggiunge gli aggressori. Alla fine della sparatoria, all’interno della macchina, crivellati di colpi e riversi uno sull’altro giacciono il Segretario regionale del PCI e il suo compagno di partito.

I MOTIVI DELL’UCCISIONE

I due più importanti obiettivi perseguiti da Pio La Torre al suo ritorno in Sicilia: lotta contro la mafia e battaglia contro l’installazione dei missili Cruise a Comiso, costituiscono senz’altro i motivi della sua uccisione.

LOTTA CONTRO LA MAFIA. La Torre, protagonista delle lotte contadine e delle lotte conto la mafia negli anni successivi, vedeva nella presenza in Sicilia, nell’estate del 1979, del bancarottiere Michele  Sindona, il momento di raccordo tra mafia siciliana, mondo economico-finanziario e mafia americana. Considerava Vito Ciancimino la personificazione del rapporto tra politica e mafia. Riteneva che il controllo del mercato degli stupefacenti da parte della mafia e l’accumulazione, che questi traffici illeciti procuravano alle sue casse, costituissero l’aspetto evolutivo e di trasformazione dell’antico fenomeno agrario.

LA CAMPAGNA PER LA PACE. La Torre pensava che la creazione della base missilistica a Comiso, oltre a far proliferare l’attività dei vari servizi segreti in Sicilia, avrebbe dato ai gruppi mafiosi siciliani e d’oltreoceano l’occasione per rinsaldare i loro reciproci legami e avrebbe accresciuto il loro potere, non solo illegale ma anche politico.

Gli attacchi continui contro Ciancimino, il vasto schieramento messo in campo nella mobilitazione per  la pace, le concrete proposte contro il dominio mafioso, espongono La Torre oltre misura. A chi fino a quel momento ha avuto mano libera in Sicilia, danno fastidio e creano intralcio, soprattutto, l’intuizione dell’uomo politico nell’individuare i problemi e l’instancabilità nel perseguirne le soluzioni. Questa determinazione e l’addentrarsi del Segretario regionale del PCI in tutti questi terreni minati porta alla decisione della sua eliminazione.

A conclusione di un’inchiesta durata molti anni, che ha riguardato, anche, altri delitti politico-mafiosi, come gli omicidi di Reina e Mattarella, nel 2007, sono stati condannati come esecutori del duplice omicidio Giuseppe Lucchese, Nino Madonia, Salvatore Cucuzza, Pino Greco. Dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Cucuzza emergono come mandanti i boss mafiosi Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonio Geraci. Sul piano giudiziario non si è fatta luce su eventuali mandanti esterni, a livello nazionale e internazionale. Le richieste degli avvocati di parte civile che facevano riferimento ai servizi segreti, al ruolo di Gladio, l’organizzazione segreta anticomunista, non sono state accolte.

Nel 1997 è sorto a Palermo il  Centro studi e iniziative culturali “Pio La Torre” e gli è stato intitolato anche l’aeroporto di Comiso.

Bibliografia

Mafia  e potere politico. Relazione di minoranza e proposte unitarie della Commissione parlamentare d’inchiesta. Prefazione di Pio La Torre, Editori Riuniti, Roma 1976.

Pio La Torre, Comunisti e movimento contadino in Sicilia, Editori Riuniti, Roma 1980; ristampa: Istituto Gramsci siciliano, Palermo 2002.

Le ragioni di una vita. Scritti di Pio La Torre, con interventi di Enrico Berlinguer e Luigi Colajanni, De Donato, Bari 1982.

Nino Marino, Pio La Torre. L’omicidio politico. prefazione di Luigi Colajanni, Trapani 1995.

Cesare De Simone, Pio La Torre. Un comunista romantico, Istituto Gramsci siciliano, Editori Riuniti, Roma 2002.

Domenico Rizzo, Pio La Torre vent’anni dopo, Lega siciliana delle autonomie locali, Palermo 2002.

  1. Bascietto e C. Camarca, Pio La Torre una storia italiana. La vita del politico e dell’uomo che sfidò la mafia. Con una lettera di Giorgio Napolitano, Aliberti, Roma 2008.

Umberto Santino, Storia del movimento antimafia, Dalla lotta di classe all’impegno civile, Editori Riuniti University Press, Roma 2009.

Vincenzo Consolo, Pio La Torre, orgoglio di Sicilia, Centro  di studi ed iniziative culturali “Pio La Torre” Palermo 2009.

Giovanni Burgio, Pio La Torre. Palermo, la Sicilia, il PCI, la mafia. Un saggio di storia orale, Centro di studi ed iniziative culturali “Pio La Torre”, Palermo 2010.

Vito Lo Monaco e Vincenzo Vasile, Pio La Torre, Flaccovio Editore, Palermo 2012.

Paolo Mondani e Armando Sorrentino, Chi ha ucciso Pio La Torre?, Castelvecchi Editore, Roma 2012.

Elio Sanfilippo e Nino Caleca, Perché è stato ucciso Pio La Torre, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2012.

Vittorio Coco (a cura di), con una nota di Emanuele Macaluso, L’antimafia dei comunisti. Pio La Torre e la relazione di minoranza, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2013.

Carlo Ruta (a cura di), Pio La Torre legislatore contro la mafia. Interventi e discorsi parlamentari, Edizioni di Storia e Studi Sociali, Scicli 2014.

Franco La Torre, Sulle ginocchia. Pio La Torre, una storia, Melampo editore, Milano 2015.

Francesco Tornatore, «Ecco perché…». Bibliografia degli scritti di Pio La Torre, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2016.

Filippo La Torre, Franco La Torre, Riccardo Ferrigato, “Ecco chi sei. Pio La Torre, nostro padre”, Prefazione di Giuseppe Tornatore, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2017.

Tommaso Baris, Gregorio Sorgonà, Pio La Torre. Dirigente del PCI, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2018.

Pierluigi Basile, Dino Paternostro, Pio La Torre e la CGIL. L’impegno sindacale a Palermo e in Sicilia, Prefazione di Susanna Camusso, Ediesse, Roma 2018.

Parlamento Italiano – Archivio digitale “Pio La Torre”: raccoglie gli atti e i documenti relativi al procedimento penale relativo agli omicidi Reina, Mattarella, La Torre.

Grazie a Franco La Torre per la revisione del testo e le preziose indicazioni.

[1] L’autobiografia è stata scritta per l’ammissione alla scuola di Partito. Cfr. Giovanni Burgio, Pio La Torre – Palermo, la Sicilia, il PCI, la mafia – Un saggio di storia orale, Centro di studi ed iniziative culturali Pio La Torre, Palermo, 2010, pp. 23 ss.